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10 maggio 2023
I 50 giorni del Tempo Pasquale che ci porteranno alla Pentecoste, costituiscono il momento più riflessivo dell’anno Liturgico. Un tempo adatto per riflettere sui simboli della nostra fede. Di questi la croce è di sicuro tra i più importanti. Chi non crede ritiene la croce un simbolo di tristezza, sofferenza , umiliazione: eppure la croce è il più grande simbolo d’amore della storia. Vediamo perché.
La croce è uno dei simboli più conosciuti e non solo in ambito di fede.
Viene usato come simbolo grafico o decorativo, viene indossata come gioiello sotto forma di pendente a catena, compare in svariate opere d’arte antica o contemporanea con molti significati.
In realtà come figura geometrica la croce è stata usata ben prima dell’avvento di Cristo per esprimere realtà simboliche molto complesse, come l’intersezione tra gli elementi fisici: terra, aria, acqua e fuoco, e le parti che compongono l’uomo: corpo, mente, anima e spirito.
Nel tempo poi, con l’introduzione della pena della morte in croce, questo simbolo ha acquisito connotazioni sinistre. La croce cioè è stata associata non solo alla morte e al dolore, ma anche all’umiliazione dello scherno pubblico, all’infamia dei reati ascritti al moribondo.
Fuori dall’ottica di fede quindi, è possibile che la croce appaia un simbolo contraddittorio, fastidioso, apparentemente sconnesso con messaggio d’amore.
Alla simbologia meccanicistica dei quattro elementi, a quella meramente filosofica dell’intersezione tra piano orizzontale e piano verticale, la fede però aggiunge a questo simbolo un senso di salvezza : proprio il contrario di quello di condanna, che il piano materiale le ha attribuito.
La croce cioè rappresenta un evento voluto da Dio come sacrificio salvifico per ristabilire la Sua Alleanza con l’Uomo. Un simbolo estremo, dove Dio per amore mette in gioco addirittura suo Figlio, Sè stesso.
In quest’ottica quindi la croce non è più simbolo di morte, ma di amore fedele fino al più estremo dono di sè!
Ed in questo la nostra fede è unica: l’unica in cui l’amore è scambievole, non solo un dono di Dio, ma anche da Dio.
La croce quindi da strumento di condanna, in Cristo diventa strumento di salvezza; da strumento di mortificazione di trasforma in strumento di esaltazione
“Gesù Cristo . . . spogliò se stesso assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini, e apparso in forma umana, umiliò se stesso ancora di più facendosi obbediente fino alla morte, e alla morte di croce. Per questo Dio lo ha esaltato e gli ha dato un nome che è al di sopra di ogni altro nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi, nei cieli, sulla terra e sotto terra e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre” (Fil 2, 6-11).