Esattamente 100 anni fa, il 13 febbraio 1919, Papa Benedetto XV istituiva, con la costituzione apostolica Catholici fideles , l'eparchia di Lungro degli italo-albanesi dell'Italia continentale, un realtà che oggi conta oltre 40 mila fedeli in tutto il Paese. A celebrare il solenne anniversario la parrocchia del Santissimo Salvatore a Cosenza che, insieme ad altre 24 comunità ecclesiastiche in Calabria, due in Basilicata e in Puglia e una in Abruzzo, rappresenta il prezioso tassello di un mondo che non è andato perduto. E che, al contrario, continua a custodire il rito bizantino, le tradizioni, la lingua e la cultura del popolo arbëreshë e delle comunità albanofone sfuggite alle persecuzioni ottomane.
«Gli italo-albanesi, nella provincia bruzia, sono trentacinquemila. Alle spalle hanno seicento anni di storia e pure il merito di rappresentare un perfetto modello di integrazione ecclesiale», ha spiegato il protosincello Pietro Lanza, vicario generale dell'eparchia, in un’intervista esclusiva rilasciata all’Osservatore Romano. «Siamo cattolici – ha sottolineato - ma legati alla tradizione greca della Chiesa ortodossa. Grazie al benefico provvedimento di Benedetto XV abbiamo trovato unitarietà e la possibilità di comunicare con il rito latino, respirando, come diceva Giovanni Paolo II , a due polmoni». Per l'occasione a Lungro, la cittadina del Pollino, in provincia di Cosenza, eletta a capitale religiosa degli italo-albanesi continentali, oggi 13 febbraio è in programma la celebrazione della divina liturgia nella cattedrale di San Nicola di Mira, a cui partecipano il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, il cardinale Ernest Simoni, ultimo superstite della persecuzione ateista in Albania, il vescovo di Piana degli Albanesi, Giorgio Demetrio Gallaro, diversi presuli di altre regioni italiane e alcuni provenienti dall'Albania, dal Kosovo, dalla Grecia, dall'Ucraina e dall'Ungheria, oltre a rappresentanti della Conferenza episcopale calabra, al presidente della Repubblica albanese Ilir Meta e a responsabili delle ambasciate dell'Albania presso lo Stato italiano e la Santa Sede.