Estate: tempo di comunioni, cresime e matrimoni, momenti importanti per la vita cristiana di ogni comunità. Resta fondamentale celebrare anche pubblicamente queste tappe; vediamo perché in un momento in cui la vita ricomincia dopo le difficoltà della pandemia e riunirsi sembra diventato più semplice.
L’estate, si sa, è tutto un susseguirsi sui sagrati delle chiese di ragazze vestite di bianco e famiglie che festeggiano i più giovani dopo le celebrazioni della Prima Comunione e della Cresima, specie nei giorni festivi.
Questa concentrazione di funzioni sacramentali nei mesi caldi ha certamente radici pratiche legate alle minori difficoltà meteorologiche, ma resta comunque fondamentale esprimere pubblicamente la gioia legata ai sacramenti e i motivi sono tanti.
In primis Prima Comunione, Cresima e Matrimonio segnano le tappe fondamentali della vita cristiana: la fanciullezza, la giovinezza e la maturità, momenti di passaggio che richiedono la presenza viva di Dio.
Ma la gioia che accompagna le celebrazioni ha anche radici teologiche.
I sacramenti infatti sono segni efficaci della grazia, istituiti da Gesù per santificarci e la grazia promessa non è altro che la forza per portare a termine l’impegno che ogni sacramento reca con sè.
Quella che si festeggia quindi è la tappa di un cammino d’amore verso la santità e la gioia che, se condivisa, si moltiplica.
L’abitudine poi di festeggiare pubblicamente questi momenti è legata anche all’importanza di sviluppare il senso della famiglia in Cristo e della comunità, proprio attraverso lo stare insieme durante e dopo le celebrazioni.
Partecipare ad un Matrimonio, a una Cresima o a una Prima Comunione significa pregare gli uni per gli altri e testimoniare concretamente il soffio dello Spirito Santo nella propria vita
«I Sacramenti, non sono semplicemente riti. Sono la forza di Cristo, c’è Gesù Cristo. Così, tanto è la Chiesa a “fare” i Sacramenti, quanto sono quest’ultimi a “fare” la Chiesa, «la edificano, generando nuovi figli, aggregandoli al popolo santo di Dio, consolidando la loro appartenenza».
Papa Francesco Udienza Generale novembre 2013